Nel corso di queste settimane sono moltissime le famiglie e le imprese che, oltre ai timori dovuti all’emergenza sanitaria, sono attanagliate da preoccupazioni non meno gravi di natura economica legate alla sospensione o alla perdita del proprio lavoro.
Il problema si è presentato fin dall’inizio dell’emergenza, ma è destinato ad acuirsi nelle prossime settimane, poiché l’ultimo provvedimento governativo emanato per far fronte all’epidemia, entrato in vigore il 23.02.2020, ha disposto la sospensione su tutto il territorio nazionale, e fino al 3 aprile 2020, di “tutte le attività produttive industriali e commerciali” (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020, in vigore dalle ore 00:01 del 23 marzo 2020).
Il decreto prevede in realtà una serie di eccezioni, che però riguardano solo le imprese che operano in determinati settori strategici, che forniscono beni o servizi essenziali o che sono organizzate in modo da impedire la diffusione del virus (cd. smart working).
Conseguenza di questo e dei precedenti provvedimenti è che un numero consistente di imprese di grande importanza per la filiera produttiva italiana (si pensi, su tutti, al settore della moda e delle confezioni) sono in questo momento costrette a fermare la propria attività e di attendere per la riapertura.
In queste circostanze sono in molti a domandarsi come potranno riuscire a far fronte ai propri debiti, tra cui il cd. “affitto” per la propria abitazione, il proprio esercizio commerciale, la propria ditta.
Cerchiamo allora di cogliere alcuni aspetti essenziali del problema, distinguendo tra le due grandi categorie di locazioni immobiliari: quelle a scopo abitativo e quelle a scopo non abitativo (industriale, commerciale, artigianale).
Locazioni abitative
In genere il contratto di locazione immobiliare per uso abitativo prevede il pagamento mensile di un canone, che altro non è se non il “prezzo” dovuto per occupare un bene immobile altrui.
L’obbligo di pagare il canone dipende dalla materiale disponibilità del bene da parte dell’inquilino e non dalle sue condizioni economiche: anche se si trova in grave difficoltà finanziaria, la regola è quella di pagare il canone in ogni caso, pena il rischio di subire lo sfratto.
Tuttavia, in una situazione di eccezionale difficoltà come quella generata dall’epidemia di Covid-19, tanti inquilini che hanno dovuto sospendere la propria attività lavorativa o che, peggio ancora, l’hanno perduta, hanno richiesto al proprietario di casa di essere esonerati almeno temporaneamente dal pagamento.
È bene precisare che i vari decreti finora emanati dal Governo non hanno preso posizione su questo problema: eccezion fatta per alcune norme di natura fiscale, non è stata prevista alcuna moratoria delle locazioni immobiliari per venire incontro alle esigenze delle famiglie e delle imprese in difficoltà.
Si sta quindi prefigurando uno scontro con i proprietari, che dalla loro parte fanno valere di aver investito nell’acquisto dell’immobile e nelle spese della sua gestione e pretendono dall’inquilino, che comunque è nella disponibilità del bene e lo usa per lo scopo pattuito, il regolare pagamento mensile.
In questi casi, a rigor di legge, non paiono sussistere le condizioni affinché l’inquilino invochi l’impossibilità sopravvenuta del contratto (art. 1256 c.c.).
L’impossibilità infatti deve essere assoluta ed oggettiva e non può esser fatta valere da chi è tenuto al pagamento di una somma di denaro (ossia un bene tecnicamente sempre reperibile, anche se con difficoltà).
Ne discende che, di regola, il pagamento del canone – si ripete, nelle locazioni ad uso abitativo – sarà sempre dovuto.
Locazioni non abitative
Un discorso diverso deve esser fatto con riferimento alle locazioni non abitative.
In questo diverso settore non si può trascurare l’impatto dei vari decreti che, poco alla volta, hanno portato alla chiusura temporanea di un grande numero di imprese.
Fermi restando i principi esposti in precedenza sulla natura del canone di locazione e sui limiti dell’impossibilità sopravvenuta, siamo del parere che nelle locazioni ad uso non abitativo vi sia margine per le richieste di sospensione da parte del conduttore.
Quest’ultimo, infatti, titolare dell’attività che in ipotesi deve essere sospesa per ordine dell’autorità governativa, si troverà impossibilitato non solo e non tanto a lavorare, ma in concreto a far uso dell’immobile funzionalmente posto a servizio di quella stessa sua attività.
Pur rimanendo tecnicamente fuori dal concetto di impossibilità sopravvenuta della prestazione – che non è mai impossibile quando si tratta di somme di danaro in valuta corrente – il conduttore potrebbe opporre una carenza oggettiva di interesse, tale da giustificare un esonero temporaneo del pagamento nei limiti e per il periodo di vigenza del divieto.
Ovviamente nei settori industriale e commerciale si potranno avere casistiche molto più complesse, per le quali le presenti considerazioni potranno valere solo in linea di massima, essendo sempre e comunque richiesto un esame approfondito di ogni singolo caso concreto.
Osservazioni conclusive
Fermo restando quanto detto finora, ritengo che già alla luce delle circostanze attuali non sia affatto da escludere uno scenario diverso, più favorevole per gli inquilini e i conduttori di fondi artigianali, industriali, commerciali.
L’emergenza che sta colpendo non solo l’Italia ha infatti assunto proporzioni globali e la crisi economica all’orizzonte lascia presagire degli interventi altrettanto eccezionali da parte delle autorità.
In assenza di misure efficaci da parte del legislatore (es.: proroghe, sanatorie), nel prossimo futuro potrebbe essere direttamente la giurisprudenza a farsi carico delle istanze dei più deboli, reinterpretando la normativa contrattuale secondo il principio costituzionale di solidarietà sociale (art. 2 Costituzione).
Potrebbe pertanto derivarne una diversa applicazione delle norme di stretto diritto, col risultato di mandare esenti gli inquilini morosi dagli effetti del loro inadempimento.
È bene comunque ribadire che si tratta di una mera ipotesi, tutta da verificare.
Vale la pena ricordare che in questo momento, ancora caratterizzato da incertezza e confusione, le uniche soluzioni concretamente praticabili e, a parer nostro, sempre preferibili, rimangono quelle conciliative.
È quindi compito delle parti e dei loro legali compiere il massimo sforzo per cercare soluzioni di compromesso, magari non del tutto appaganti nell’immediato, ma senza dubbio meno dolorose nel lungo termine.
Avv. Matteo Checchi