Uno dei quesiti che ha maggiormente occupato l’attenzione degli interpreti – e sul quale ha fortemente inciso il dibattito relativo alla natura della responsabilità degli enti – è quello relativo alla possibilità per la persona offesa dal reato di costituirsi parte civile nei confronti dell’ente incolpato dell’illecito.
La necessità di garantire l’effettività della tutela nei confronti della persona offesa dal reato risulta da sempre un obiettivo che il Legislatore ha di mira di perseguire.
Non si può non considerare, infatti, come tale istanza conservativa sia percepita in modo particolarmente pregnante proprio nel circondario del Giudice penale ove ha sede lo studio legale Pierotti, appunto quello del Tribunale di Lucca.
Nel territorio in questione, nel giugno 2009, si è verificato il disastro ferroviario di Viareggio e, il Giudice lucchese, si è occupato della triste vicenda giudiziaria conosciuta con il nome di “Strage di Viareggio”.
Durante il processo, si è posta in modo determinante la questione relativa all’ammissibilità della costituzione di parte civile dei parenti delle vittime della strage nei confronti degli enti coinvolti a vario titolo nel disastro ferroviario.
Gli esiti del processo sono passati ai doveri di cronaca ed hanno mostrato – ancora una volta – come la lentezza del processo abbia pesato irrimediabilmente sulle guarentigie difensive delle parti offese.
In particolare, a seguito della declaratoria di estinzione di alcuni reati addebitati agli imputati per intervenuta prescrizione, i capi della sentenza ove si è riconosciuto il risarcimento del danno subito dai parenti delle vittime, hanno di fatto rappresentato gli unici elementi capaci di attribuire una tutela effettiva alle parti coinvolte.
Ebbene, tale breve rappresentazione, ci consente di comprendere come la questione relativa alla costituzione di parte civile contro l’ente nel “sistema 231” rappresenti ad oggi – in attesa di una complessiva riforma del processo penale – l’ultimo grimaldello per garantire l’effettività della tutela delle vittime dei reati nei processi a carico degli enti.
La costituzione di parte civile contro l’ente
La questione non risulta allo stato risolta dal dato normativo del decreto legislativo 231/2001, le cui disposizioni processuali non contengono alcuna menzione dell’istituto della costituzione di parte civile.
Con riferimento alla questione dell’ammissibilità della costituzione di parte civile contro l’ente, nel corso degli anni si sono succeduti due contrapposti orientamenti: il primo “negazionista” ed il secondo “estensivo”.
La risoluzione del quesito consente di verificare se negare la costituzione di parte civile nel processo de societate possa innescare una discriminazione tra le vittime degli enti e le vittime dell’imputato comune.
A tali dubbi l’orientamento negazionista risponde con una lettura costituzionalmente orientata dell’esclusione della parte civile dal processo a carico dell’ente.
In una prospettiva che guarda alla dimensione sistematica, si osserva, come il divieto di abuso del diritto – che contiene, tra le varie declinazioni, anche quella del divieto di ingiusta locupletazione economica – possa rappresentare un argomento determinante.
L’ammissibilità di una duplice azione civile nel processo penale contro la persona fisica autrice del reato presupposto e contro l’ente determinerebbe una duplicazione surrettizia delle poste di danno e l’occasione per un ingiustificato arricchimento in favore del danneggiato.
Inoltre, osservando il dato normativo, la circostanza che l’art. 54 del decreto legislativo n. 231/2001 non richiami la parte civile quale soggetto promotore del sequestro conservativo è significativa della scelta del Legislatore nel senso negativo all’azione civile contro l’ente.
La questione della costituzione di parte civile contro l’ente ed i connessi interrogativi circa la tenuta costituzionale degli strumenti processuali di tutela della persona offesa danneggiata dall’illecito dell’ente sono da tempo sottoposti al vaglio della giurisprudenza, nazionale ed europea, sia di merito che di legittimità.
Nel 2010 la Cassazione si è pronunciata sull’ammissibilità dell’azione civile in sede penale contro l’ente, negando recisamente tale possibilità.
La Suprema Corte ha sottolineato come la mancata disciplina dell’istituto nell’ambito del decreto legislativo n. 231 del 2001 non costituisce una lacuna, bensì la conseguenza di una consapevole scelta operata dal Legislatore.
Nel 2012, la Corte di Giustizia ha confermato, pur indirettamente, la sopra citata decisione, affermando la piena compatibilità di tale limitazione processuale con il diritto comunitario.
Secondo la Corte, la possibilità per la vittima di costituirsi parte civile contro l’autore del reato è sufficiente a garantire il rispetto dell’obbligo di cui all’art. 9, par. 1 della decisione quadro (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione II, sentenza 12 luglio 2012, Giovanardi, C-79/11).
Sempre nel 2012, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 codice di procedura penale e delle disposizioni del decreto legislativo n. 231/2001, nella parte in cui non consente che le persone offese possano chiedere direttamente agli enti il risarcimento nel processo penale dei danni subiti.
L’esclusione della possibilità di costituirsi parte civile nel processo contro l’ente significa aprire vuoti di tutela del tutto ingiustificati e creare una discriminazione tra le vittime degli enti e le vittime dei delinquenti comuni (Tribunale di Firenze, ordinanza 17 dicembre 2012).
Per la Corte Costituzionale, il testo legislativo non è parso affatto incompatibile con l’interpretazione secondo cui il “sistema 231” consente la costituzione di parte civile contro l’ente incolpato (Corte Costituzionale, sentenza 18 luglio 2014, n. 218).
Sempre nell’ambito degli incidenti ferroviari, il Tribunale di Trani (Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari) nel procedimento sul disastro avvenuto sulla linea Andria – Corato, ha escluso l’ammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti della Ferrotramviaria, invece, il Tribunale di Trani, questa volta in composizione collegiale, con ordinanza del 7 maggio 2019, ammetteva la costituzione di parte civile nei confronti della società incolpata.
Le argomentazioni invocate a sostegno della soluzione affermativa implicano inevitabilmente il vaglio critico del dato normativo emergente dal “sistema 231”, che pare piegare le esigenze del singolo danneggiato al servizio di logiche riparative del danno che possiamo definire “metaindividuali”, strutturandosi in chiave di impulsi rivolti all’ente affinchè recuperi la legalità violata (confronta artt. 12, 17, 49, 50, 65, 78 decreto legilsativo 231/2001).
Gli interessi della persona danneggiata cedono il passo ad una logica riparatoria di matrice pubblicistica, palesando una discrasia evidente rispetto all’approccio del Legislatore alla materia del risarcimento del danno in generale.
Il decreto legislativo 231/2001 è infatti disseminato di occasioni o, se si vuole, di ponti d’oro protesi all’ente sotto accusa, su cui si erge una politica sanzionatoria che punta dichiaratamente a privilegiare un obiettivo di prevenzione del rischio di commissione di reati.
Il Legislatore scommette su un progetto di prevenzione orientato non alla punizione, bensì alla compliance e, all’interno di questo quadro, dovrà verificarsi se gli spazi di tutela del danneggiato possano dirsi in linea con le coordinate sistematiche e costituzionali.
Lo stato attuale dell’arte
Come pronunce più recenti, si annoverano tre decisioni, due di merito ed una di legittimità, che si collocano in senso diametralmente opposto tra di loro, mostrando come la tematica affrontata sia allo stato ancora in piena fase di elaborazione.
La Corte di assise di Taranto, con ordinanza del 04.10.2016, ha ammesso la costituzione di parte civile in danno di un ente incolpato valorizzando il fatto che il Legislatore delegato, con il decreto legislativo n. 231 del 2001, non ha esercitato la delega ricevuta dalla legge n. 300 del 2000 nella parte in cui menziona la possibilità di prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell’azione di risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei soggetti non sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di nesso di causalità diretto tra il fatto che ha determinato l’accertamento della responsabilità del soggetto ed il danno subito.
La scelta del legislatore delegato di non prevedere espressamente la possibilità della costituzione di parte civile in danno degli enti responsabili ex decreto legislativo n. 231 del 2001 non sarebbe frutto della volontà di escludere la possibilità dell’esercizio dell’azione civile in danno dei predetti enti.
I giudici tarantini hanno evidenziato che manca nel testo del decreto legislativo n. 231/2001 un’espressa indicazione nel senso dell’inammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’Ente, ed il dato è stato ritenuto di per sé significativo, atteso che, in tutti i casi nei quali il Legislatore delegato si è discostato da una ordinaria disciplina codicistica, è stata prevista una espressa norma derogatoria, al contrario non prevista per escludere la possibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente.
La Seconda Sezione penale del Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, con ordinanza del 29.01.2021, ha ammesso la costituzione di parte civile del Codacons di Lecce nei confronti della società TAP.
Il giudice ha aderito all’indirizzo che ammette la possibilità per il danneggiato di avanzare la propria pretesa risarcitoria direttamente nei confronti dell’ente, nell’ambito del processo penale, instaurato anche nei confronti della persona giuridica, per accertare a suo carico la responsabilità per l’illecito amministrativo dipendente da reato.
Il rinvio operato dagli artt. 34 e 35 del decreto legislativo n. 231/2001 consente l’estensione al procedimento degli illeciti amministrativi dipendenti da reato delle norme di procedura penale in quanto compatibili e l’estensione all’ente della disciplina relativa all’imputato, sempre in quanto compatibile-
Per il Tribunale non si rinviene alcun ostacolo a tale interpretazione estensiva nella disciplina specifica in tema di accertamento dell’illecito amministrativo, in quanto vi è stretta connessione tra reato e responsabilità da reato degli Enti sia con riferimento ai criteri d’imputazione oggettiva dei reati all’ente che nei reati colposi d’evento, per cui non può escludersi che dal fatto dell’Ente possa derivare un danno risarcibile per fatto proprio dell’ente, che lo obbliga, a norma dell’art. 185 codice penale, come chiamato dall’art. 74 codice di procedura penale.
Contrariamente a questa pronuncia, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione 5, sentenza n. 50497, del 07.11.2018, iscrivendosi nel solco dell’orientamento negazionista, ritiene che, nel processo instaurato per l’accertamento della responsabilità da reato dell’ente, non è ammissibile la costituzione di parte civile, atteso che l’istituto non è previsto dal decreto legislativo n. 231/2001 e l’omissione non rappresenta una lacuna normativa, ma corrisponde ad una consapevole scelta del Legislatore.
Conclusioni
Come si può agevolmente comprendere dalle considerazioni sopra espresse, la questione è tutt’altro che sopita ed in via di definitiva risoluzione.
Prima dell’intervento del Supremo Giudice nomofilattico a composizione allargata ovvero di un intervento chiarificatore ed autentico del Legislatore stesso, si ritiene opportuno e quantomeno doveroso tentare la via dell’azione civile risarcitoria contro l’ente incolpato in ragione del fatto che le argomentazioni sostenute dall’orientamento estensivo ci appaiono quantomeno confacenti e suscettibili di resistere al vaglio di legittimità.